Composizione corporea

 

L’acqua è il principale costituente del corpo umano. Di conseguenza, è necessario prestare attenzione a cosa e a quanto si beve durante il giorno al fine di garantire la sufficiente quota di liquidi necessaria a sostenere le varie funzioni.
La corretta assunzione di acqua e minerali è spesso sottovalutata e/o dimenticata tanto da causare effetti negativi sulla salute.

Di conseguenza, gli operatori sanitari e nutrizionisti non conoscono lo stato di idratazione dei propri pazienti.

Negli adulti, circa due terzi di acqua totale è nello spazio intracellulare ICW, mentre un terzo è extracellulare ECW.
Un soggetto di circa 70 kg ha circa 42  lt di acqua corporea totale (TBW), di cui 28 lt sono nei fluidi intracellulare (ICW) e i rimanenti 14 lt sono fludi extracellulari ECW. (Wang et al., 1999).

Il corretto equilibrio idrico è la condizione per un normale stato di idratazione
È di fondamentale importanza poter conoscere e valutare il grado di idratazione dei vari individui. In particolare, le persone anziane sono predisposte a deficit di acqua durante il periodo estivo a causa dei vari meccanismi della sete attenuati che possono causare lieve e/o moderata disidratazione.

La rilevazione diretta dei valori di Resistenza, reattanza e Angolo di fase rilevati con l’analizzatore BIA-dex consente di elaborare con un’elevata sensibilità le variazioni di Massa cellulare e lo stato di idratazione offrendo all’operatore un quadro completo sullo stato di idratazione del soggetto.

mascaretti srl facilities – www.composizione corporea.com

 


 

Infezioni del tratto urinario: Alimentazione e prevenzione

del dott. Andrea Urso

 

Sono quelle infezioni che causano un’infiammazione  acuta  o  cronica  che  interessa la vescia urinaria e i relativi annessi, in presenza o   meno   di   patologia   urologica.   Ne   esistono un’ampia  varietà  in  base  all’eziologia  (le  cause) ed al tipo di danno arrecato. Le più comuni sono quelle causate dalla specie Gram negativa ed in particolare l’Escherichia Coli ed in minore percentuale altri entero-batteri come il Proteus, Klebisella, Pseudomonas. Anche alcuni batteri Gram positivi sono responsabili, in minore entità, d’infezioni urinarie e fra questi i più frequenti sono lo Staphylococcus saprophiticus e Staphylococcus aureus. Generalmente questi tipi di batteri sono facilmente rintracciabili tramite  un  semplice  esame  colturale  delle  urine.  Ma  esistono  anche  delle  altre  infezioni urinarie,  con  delle  evidenze  sintomatiche  ben  distinguibili,  che  tramite  il  semplice  esame delle  urine  non  vengono  messi  in  evidenza.  Sono  solitamente  dei  batteri  responsabili  di infezioni  trasmesse  sessualmente,  come  quelle  da  Neisseria  gonorrhoeae  e  Chlamydia trachomatis,  o  fungine  da  Candida  albicans,  capace di  colonizzare  le  urine  di  soggetti diabetici  o  immunodepressi.  In  questi  casi,  l’accertamento  dell’agente  patogeno  viene  in genere  effettuata  mediante  prelievo  di  uno  striscio  delle  secrezioni  delle  vie  urogenitali  e indagine microscopica.

La    via  urinaria  è  sterile  e  molto  resistente  alla colonizzazione  batterica.  Tuttavia, l’infezione del tratto urinario (UTI) è la più comune infezione batterica in tutti i gruppi di età e alcune caratteristiche delle popolazioni aumentano il rischio di infezione come: infanzia, gravidanza, anzianità, lesioni al midollo spinale, cateterizzazione vescicale, diabete, SLA, immunosopressione . Più della metà di tutte le donne esperienza almeno una infezione del tratto  urinario  (UTI)  durante  la  vita  .  La  ragione è  da  ricercarsi  nella  brevità  dell’uretra femminile  e  nella  vicinanza  degli  orifizi  genitali e  anali,  che  si  traduce  in  una  maggiore possibilità di contaminazione da parte di germi di origine intestinale e in taluni casi si può sviluppare  una  forma  ricorrente.  Il  sesso  femminile,  l’età  avanzata  e  la  presenza  di malattie  gravi  concomitanti  sono  associati  a  un  maggior  rischio  di  infezione.  Insieme  a questi fattori di rischio, che rientrano tra le condizioni inalterabili del paziente, ci sono altri 12 fattori che invece possono essere modificati.

L’ infezione del tratto urinario (UTI) è di solito un’infezione  ascendente  causata  da  batteri  derivanti  da  feci  e  poiché  la  composizione batterica delle feci dipende dalla dieta, è probabile che il rischio di IVU cambi con il variare della  dieta.  E  ‘stato  dimostrato  in  uno  studio  che il  consumo  frequente  di  frutti  di  bosco freschi o succhi di frutta e derivati del latte fermentato contenenti batteri probiotici riduce il rischio di recidiva IVU. (3) L’obiettivo di questo elaborato è quello di individuare quali siano gli  alimenti  efficaci  per  la  prevenzione  delle  infezioni  delle  vie  urinarie  (UTI),  sulla  base della  revisione  di  letteratura  attraverso  l’utilizzo  di  banche  dati  scientifiche  nazionali  e internazionali,  andando  a  indagare  anche  su  alimenti  poco  noti  ma  ampiamente  utilizzati sulla  base  di  credenze  e  usi,  sgomberando  il  campo da  abitudini  e  credenze  non supportate da riscontri scientifici.

Il  termine  infezioni  delle  vie  urinarie  (UTI)  indica  la  presenza  di  un  agente  infettante, generalmente  di  tipo  batterico,  nel  tratto  urinario  che  normalmente  è  sterile.  L’infezione può  coinvolgere  siti  specifici  quali  il  rene,  la  vescica,  la  prostata,  l’uretra,  o  limitarsi  alle urine. La diagnosi delle IVU si basa sulla sintomatologia, sui segni clinici, e sui risultati di semplici  analisi  di  laboratorio.  Fondamentali  sono l’esame delle  urine  e  l’ urinocultura  con antibiogramma.  Le  infezioni  del  tratto  urinario  (UTI)  sono  comuni  con  una  stima  di incidenza annuale globale di almeno 250 milioni  e rappresentano un importante capitolo nella medicina, collocandosi tra le più frequenti cause di morbilità, di visita ambulatoriale e di costi sanitari (al 3° posto dopo infezioni delle vie respiratorie).

I  batteri  aerobi  gram  negativi  provocano  la  maggior  parte  delle  IVU.  Sono  poche  le  IVU contratte per via ematica, ma circa il 95% si verifica quando i batteri risalgono dall’orifizio vaginale, già colonizzato, dall’uretra alla vescica e nel caso di pielonefrite, fino all’uretere e poi fino al rene.
L’Escherichia coli è il batterio più frequentemente isolato nelle donne delle infezioni  acquisite  in  munità,  con  incidenze  che oscillano  dal  75%  al  90%  (8,  9).  In ambiente ospedaliero nei pazienti ricoverati, l’E. coli è responsabile di circa il 50% dei casi.
Negli  uomini  il  più  frequente  risulta  essere Proteus  Mirabilis  e  nei  bambini Enterobacter.
Altri  organismi  isolati  sono Klebsiella  pneumoniae,  Citrobacter,  Serratia.

La batteriuria  è più frequente nei pazienti anziani di sesso maschile per la presenza di patologie minzionali e  di  un  significativo  residuo  vescicale  di  urina;  nella  donna  per  uno  scarso  riempimento vescicale dovuto a prolasso uterino, per la formazione di cistocele e per la contaminazione del  perineo  per  la  presenza  di  incontinenza  fecale,  in  entrambi  i  sessi  per  patologie neuromuscolari  e  un  aumento  di  manovre  invasive  e  di  cateterizzazione  vescicale.  I 13 pazienti   diabetici   e   mielolesi   con   vescica   neurogena,   o   che   hanno   subito   una cateterizzazione,  hanno  un  aumento  dell’incidenza  e  gravità  delle  infezioni.  Poiché  la gravidanza può provocare stasi urinaria da ostruzione funzionale e anatomica degli ureteri e della vescica, l’IVU durante la gravidanza deve essere considerata come complicata.

 

Cranberry

è  un  piccolo  arbusto  di  origine  nordamericana  con  caratteristiche  botaniche molto simili al V. myrtillus, cresce bene negli ambienti paludosi e viene coltivato su vaste aree di territorio a scopo alimentare. Nel 1923, molto prima della scoperta degli antibiotici, alcuni  medici  americani  prescrivevano  già  il cranberry per  diminuire  la  ricorrenza  delle infezioni  urinarie,  tra  cui  la  cistite.  Si  pensava allora  che  gli  effetti  fossero  dovuti  ad  una acidificazione  dell’urina  provocata  dagli  acidi  organici  contenuti  nel  succo  della  pianta, questa  ipotesi  fu  rifiutata  alla  fine  degli  anni  ’50,  ma  si  sarebbe  dovuto  attendere  il  1984 perchè  gli  effetti  della  pianta  trovassero  una  spiegazione  scientifica.  Infatti  è  stato dimostrato e confermato successivamente che le proantocianidine  contenute nel succo di cranberry  sono  un  potente  inibitore  di  adesione  batterica.  Quindi  il  mirtillo  inibisce l’adesione  del  batterio  patogeno  E.  coli  alle  cellule  epiteliali  dell’apparato  urinario  circa dell’80% riducendo così lo 11 sviluppo di UTI. Il succo di mirtillo è anche in grado di ridurre l’aderenza  cellulare  da  parte  di batteri  resistenti all’antibiotico trimetoprim sulfametossazolo.
Una recente revisione della letteratura da parte di Cochrane (27) ha analizzato dieci studi per valutare l’efficacia dei prodotti a base di cranberry nella prevenzione delle infezioni del tratto urinario nelle popolazioni suscettibili. Sono stati inclusi dieci studi (n = 1049, cinque cross-over, cinque gruppi paralleli) nei quali si sono messi a confronto Cranberry e succo di  mirtillo,  mirtilli  freschi  rispetto  al  placebo, compresse  di  mirtilli  rispetto  al  placebo  in quattro  studi  (uno  studio  ha  valutato  due  succhi  di  frutta  e  compresse  mentre  il  succo  e l’acqua  sono  stati  valutati  in  sette  studi).  I  prodotti  a  base  di  Cranberry  hanno  ridotto significativamente  l’incidenza  di  infezioni  del  tratto  urinario  a  12  mesi  (RR  0,65,  IC  95% 0,46- 0,90) rispetto al placebo / controllo.

 

Fermenti lattici

Poiché  le  infezioni  del  tratto  urinario  sono  strettamente  correlate  alla  presenza  di  germi intestinali patogeni nelle vie urinarie, il rischio di avere infezioni delle vie urinarie potrebbe essere   ridimensionata   grazie   alla   somministrazione dei   probiotici.
II   Lactobacillus costituisce  parte  integrante  dell’ecosistema  vaginale  nella  donna  sana  e  rappresenta  il 14 principale meccanismo naturale di difesa contro lo sviluppo di microrganismi patogeni. Ciò si   realizza   principalmente   attraverso   la   trasformazione,   operata   dai   lattobacilli,   del glicogeno delle cellule epiteliali in acido lattico, con abbassamento del pH vaginale a valori compresi tra 3,8 e 4,4, creando un ambiente acido che risulta ottimale per la crescita dei lattobacilli,  ma  sfavorevole  per  la  crescita  di  microrganismi  patogeni.  Altri  meccanismi  di difesa da parte dei probiotici sono la propria capacità di aderire alle superfici delle cellule, impedendo   ai   patogeni   di   aderire   e   la   produzione   di   sostanze   che   inibiscono   la moltiplicazione  degli  agenti  patogeni.  Uno  studio  ha  esaminato  in  vitro  15  specie  di Lactobacillus  per  determinare  la  capacità  di  inibire  la  crescita  e  bloccare  l’aderenza  dei batteri  uropatogeni.

 

Lactobacillus  crispatus

è  la  specie  che  ha  dimostrato  un  ottima capacità  di  bloccare  l’adesione  batterica.  Dei  batteri  patogeni  18  testati, Klebsiella pneumoniae, Pseudomonas aeruginosa ed Enterococcus erano più suscettibili. Sono stati recentemente pubblicati alcuni studi che hanno dimostrato come i probiotici, somministrati per bocca, dopo aver colonizzato l’intestino sono in grado di raggiungere vivi e vitali le vie urinarie.

 

Acido ascorbico La vitamina C

La vitamina C viene sintetizzata dalle piante e da molti animali (anfibi, rettili, alcuni uccelli e Mammiferi) a partire dal glucosio. Tra i Mammiferi solo l’uomo, altri primati e la cavia non sono  in  grado  di  sintetizzarla  per  carenza  della L-gulono-g-lattone  ossidasi.  L’acido ascorbico   è   ampiamente   distribuito   in   natura   e   può essere   assimilato   attraverso l’alimentazione, tuttavia la quantità può variare in funzione del grado di maturazione, delle condizioni  di  conservazione  e  trattamento  prima  del  consumo.  Frutta  e  verdura  sono  le migliori  fonti  di  vitamina  C  .  Agrumi,  pomodori  e  succo  di  pomodoro  e  patate  sono  tra  le principali  fonti  di  vitamina  C  inserite  normalmente  nella  dieta  .  Altre  fonti  includono peperoni rossi e verdi, kiwi, broccoli, fragole, cavoli di Bruxelles e melone, particolarmente concentrata nel frutto di ciliegia amazzonica, l’acerola, dove sono contenuti 1677.6 mg di vitamina  C  in  100  g  di  frutto.  Anche  se  la  vitamina  C  non  è  naturalmente  Alimento Vitamina C (mg/100g) 1) Uva, succo, in cartone 340 2) Guava 243 3) Peperoncini piccanti 229 4) Ribes 200 5) Peperoni, rossi e gialli 166 6) Prezzemolo 162 10) Rughetta o rucola 110 12) Kiwi 85 13) Cavoli di Bruxelles 81 17) Cavolfiore crudo 59 18) Lattuga da taglio 59 19) Broccolo a testa crudo 54 20) Spinaci crudi 54 21) Fragole 54 22) Clementine 54 23) Cavoli di Bruxelles, cotti [bolliti in acqua distillata senza aggiunta di sale] 52 25) Tarassaco o dente di leone 52 26) Cavolfiore, cotto [in forno a microonde senza aggiunta di acqua e 15 di  sale]  50  27)  Arance  50  28)  Limoni  50  34)  Pomodori,  conserva  43  48)  Melone  32  89) Patate crude 15 91) Mirtilli 15 Tab. 2 INRAN Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la  Nutrizione  –  Tabelle  di  composizione  degli  alimenti  22  presente  nei  cereali,  viene aggiunta  ad  alcuni  cereali  per  colazione.  La  vitamina  C  è,  tra  le  vitamine,  quella  che  va incontro  a  maggiore  degradazione,  può  perdersi  nel caso  in  cui  questi  alimenti  vengano tenuti  all’aria  per  molto  tempo  o  dentro  contenitori  di  metallo.  La  cottura  può  comportare perdita di vitamina (in taluni casi fino al 75%), perché l’acido ascorbico è solubile in acqua e  viene  distrutta  dal  calore  Tale  fenomeno  può  essere  ridotto  adottando  una  cottura nell’acqua  o  al  forno  microonde.  Fortunatamente  molte  delle  maggiori  fonti  alimentari  di vitamina  C,  come  frutta  e  verdura,  di  solito  sono  consumati  crudi.  Mangiare  cinque porzioni varie di frutta e verdura al giorno può fornire più di 200 mg di vitamina C. I livelli di assunzione  in  Italia  sono  stati  stimati  in  120  mg  nel  Sud  contro  103  mg  nel  Nord;  gli alimenti  che  maggiormente  contribuiscono  all’assunzione  di  vitamina  C  e  che  sono responsabili  di  questa  differenza  sono  le  verdure  a  frutto  ed  in  particolare  i  pomodori  . Nell’anziano la fonte principale di vitamina C è rappresentata dalle arance e dai mandarini, seguiti  dai  pomodori.  L’integrazione  di  vitamina  C sotto  forma  di  acido  ascorbico  viene spesso raccomandata dai medici e farmacisti per prevenire le UTI ; l’acido ascorbico rende l’urina  acida,  creando  un  ambiente  inospitale  per  i  batteri.  Foxman  e  Chi,  inoltre,  hanno rilevato che la vitamina C, dalle importanti proprietà antiossidanti, è in grado di proteggere il tratto urinario prevenendo le infezioni.

Idratazione

L’idratazione  riduce  l’azione  irritativa  causata  da urine troppo  concentrate  e  assicura  una maggiore e continua eliminazione dei batteri presenti nelle vie escretrici. Inoltre, garantisce anche  un  corretto  funzionamento  dell’organo  imputato  al  riassorbimento,  cioè  il  colon. Infatti,  un  intestino  regolare  difficilmente  favorisce  la  proliferazione  dei  batteri  fecali, spesso  responsabili  della  batteriuria  e  quindi  della  cistite.  È  indicata  in  questi  casi l’introduzione di adeguati apporti di cibi ricchi di fibre. L’incremento della diuresi comporta un  miglioramento  del  flusso  ematico  a  livello  della  midollare  del  rene,  con  diminuzione dell’osmolarità e il potenziamento delle difese contro i batteri. Nell’intervallo fra le minzioni il continuo rifornimento di nuova urina dagli ureteri assicura la progressiva diluizione della carica batterica comunque giunta in vescica. Una soluzione per prevenire disturbi alle vie urinarie è quella di mantenerle pulite attraverso una corretta e costante idratazione, meglio 16 se  con  un’acqua  altamente  diuretica,  come  quelle  “minimamente  mineralizzate”,  con  un residuo fisso a 180° inferiore a 50 mg/L.

 

Alimenti da evitare

Uno  studio  ha  utilizzato  vari  ioni  minerali,  già  noti  per  aver  la  capacità  di  influenzare l’interazione  tra  le  cellule,  per  verificare  l’influenza  di  essi  sull’aderenza  batterica  alle cellule  uroepiteliali,  mentre  la  maggior  parte  degli  ioni  esaminati  non  ha  avuto  effetto sull’aderenza, gli ioni di calcio hanno aumentato significativamente l’aderenza batterica. È stato dimostrato in vitro che quando la concentrazione di calcio è superiore ai livelli che si trova normalmente nelle urine, c’è un aumento significativo dell’aderenza batterica. Inoltre si è constatato che se l’alimentazione orale è stata integrata con del calcio in eccesso vi è un   aumento   della   escrezione   di   calcio   nelle   urine, un   corrispondente   aumento dell’aderenza batterica e un potenziale maggiore per le infezioni del tratto urinario, anche se, l’aggiunta di calcio nel latte, non ha evidenziato nessuna associazione tra assunzione di calcio e il rischio di UTI.

 

Bibliografia
PUBMED:  Ferri  C.,  Marchetti  F.,  Nickel  J.C.,  Naber  K.G.  Prevalence  and  clinical management  of  complicated  urinary  tract  infections in  Italy:  a  prospective  multicenter epidemiological study in urological outpatients. J. Chemother 2005;17:601-606
Carnovale  E.,  Marletta  L.,  Banca  dati  interattiva  –  Composizione  degli  alimenti,    INRAN, aggiornamento 2000
PUBMED:  Int  J  Gen  Med.  2011;  4:  333–343.  Urinary  tract  infections  in  women:  etiology and  treatment  options.  Daniele  Minardi,  Gianluca  d’Anzeo,  Daniele  Cantoro,  Alessandro Conti,  and  Giovanni  Muzzonigro.Wagenlehner  F.Vahlensieck  W,  Watermann  D,  Weidner W, Naber KG. Med Decis Making. 2011 Ma Jun;31(3):405-11. Epub 2010 Dec 29.
Cassani  E  and  Petroni  ML.  2013.  Schede:  alimentazione  e  patologie.  Infezioni  delle  vie urinarie. Educazione Nutrizionale Grana Padano.
UNIVERSITA DEGLI STUDI DI TORINO Facoltà di medicina e chirurgia Corso di laurea in infermieristica . Relatore dott.Giovanni Casetta

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